In questi anni di tagli scientifici e lineari contro l’Istruzione pubblica non di rado il contributo volontario, spesso introito indispensabile per far quadrare i conti nelle scuole, viene fatto passare per obbligatorio, tramutandosi in vera e propria truffa ai danni degli studenti e delle famiglie. «Il contributo volontario, detraibile Legge n. 40/2007 (Decreto Bersani) art. 13, è indispensabile per il miglioramento dell’offerta formativa e della qualità del servizio offerti dalle istituzioni scolastiche e in questa congiuntura economica nessun istituto è nelle condizioni di poterne fare a meno» così recita il comunicato di un Liceo del centro Italia sul suo sito. C’è però anche chi, sapendo perfettamente che non si può obbligare al pagamento, mette le mani avanti: «E’ opportuno ricordare che il versamento da parte delle famiglie del contributo in oggetto non essendo stabilito da norma di legge non è obbligatorio, ma è atto volontario da parte delle famiglie stesse». Le scuole però, nonostante le proteste e le successive polemiche, continuano a richiederlo ogni anno.
Nel 2013 ci provò la circolare Stellacci in cui, a seguito delle enormi segnalazioni su abusi e irregolarità, si ricordava il principio dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione previsto dall’articolo 34 della Costituzione. «Nessuna ulteriore capacità impositiva viene riconosciuta dall’ordinamento a favore delle istituzioni scolastiche, pur potendo deliberare la richiesta alle famiglie di contributi di natura volontaria, non trovano però in nessuna norma la fonte di un vero e proprio potere di imposizione che legittimi la pretesa di un versamento obbligatorio di tali contributi», specifica la circolare. Riteniamo fondamentale, per l’ennesima volta, denunciare queste richieste indebite che nelle scuole spesso assumono i toni della minaccia, del ricatto e dell’emarginazione degli studenti da alcuni attività, ben sapendo però che spesso il contributo volontario viene usato per sostenere le spese di gestione e le attività integrative degli studenti: dalle fotocopie, ai progetti integrativi, al funzionamento dei laboratori, spese rese ormai quasi impossibili da sostenere a causa dei tagli della spesa pubblica. La ricetta ci pare ovvia: si torni ad investire nella scuola pubblica, si torni a pensare all’istruzione e alla cultura come beni primari per far ripartire il Paese.
Stefano Vento- Coordinatore Giovani Comunisti/e Cosenza