Sono ormai alcuni anni che il Primo Maggio e il 25 Aprile, il mondo della distribuzione non rispetta le ricorrenze che rappresentano il simbolo dell’emancipazione e della libertà da ogni tipo di oppressione.
Da quando il Governo Monti, scaricando la responsabilità sui dettami europei per la libera concorrenza, ha introdotto la norma che liberalizza gli orari e le aperture festive dei negozi, la nostra economia non ha ricevuto alcun beneficio economico. Si è solo ribadito l’ideologia neoliberale delle classi dominanti, incapace di giocare qualsiasi ruolo positivo nella vita democratica ed economica del paese. Ciò che subiamo è una continua riduzione dei diritti e dei salari, crescita zero e disoccupazione alle stelle.
La Commissione europea ha confermato le previsioni di crescita dell’Italia, con un aumento del prodotto interno lordo dello 0,9% nel 2017 e dell’1,1% nel 2018. Queste stime risultano le più basse di tutta l’Unione. A confermare che aprire uno e due giorni durante i festivi non produce alcun affetto si aggiungono i dati sulla disoccupazione, che in Italia sia aggira intorno al 12 % (Francia al 8% mentre Germania e Inghilterra sotto il 4%), mentre quella giovanile è del 40 %. Per provare a dare una risposta a questi dati imbarazzanti i governi neoliberali ci stanno provando con qualsiasi formula o artificio che risponde al proprio impianto ideologico. I risultati sono uno più fallimentare dell’altro. Tra tutti vale la pena ricordare l’ammissione di inadeguatezza dei voucher da parte del Governo, e la bocciatura che la Corte dei Conti Europea ha dato allo strumento e l’uso del programma Garanzia Giovani. Per chi non masticasse l’argomento, Garanzia giovani è l’ennesimo strumento che rende precarie le vite, è rivolto ai NEET (Not in Education, Employment or Training) ovvero ai giovani under 29 che non lavorano e che non siano impegnati nei percorsi di studio. Ai NEET viene “offerto”, anzi “garantito”, un percorso formativo o lavorativo per un certo periodo di tempo retribuito a 500 € mensili con fondi europei. La Corte dei Conti ammette che i fondi non sono sufficienti per gli obiettivi di inclusione dei giovani nel mercato del lavoro e nell’analisi sui tre anni viene evidenzia la scarsa partecipazione degli inattivi e dei precari al progetto. Appare del tutto evidente che risultato diverso non poteva verificarsi in quanto la prospettiva messa in campo dall’Unione Europea non è tanto diversa dalla vita precaria che già vivono i giovani. Senza contare i ritardi dei pagamenti in Italia che hanno una media di 64 giorni e di quelli che hanno partecipato al programma solo il 31 % ha trovato una forma di occupazione. Una delle percentuali più basse rispetto agli altri paesi che hanno partecipato al programma ad esempio contro il 90% della Francia, l’86% della Croazia e il 64 % dell’Irlanda. Mentre l’alternanza Scuola-lavoro gode di un doppio risultato, inutile per la formazione dei ragazzi, anzi la indebolisce, e dannosa per i lavoro, poiché tende a sostituire lavoro salariato con lavoro gratuito.
All’interno degli esercizi commerciali predominano selvaggi part-time in prevalenza verticali ed orari variabili di settimana in settimana. Ci sono i contratti fatti apposta per gli studenti che lavorano solo nei fine settimane. Contratti a chiamata per chi lavora nel settore della ristorazione e si trova all’improvviso dietro il bancone, con poche ore di preavviso.
Ci sono esercizi commerciali che non pagano i propri dipendenti da mesi. Esercizi commerciali dove il dipendente, durante il periodo di prova, si ritrova senza un euro in tasca e licenziato ad un giorno dalla scadenza del periodo di prova.
La festa del Primo Maggio è ritenuta universalmente un vincolo umano, un patto universalmente riconosciuto dal mondo del lavoro. Con l’apertura nei giorni festivi non aumenta la manodopera, perché un negozio che allunga il suo orario di lavoro non assume altri dipendenti, ma grazie alle detassazioni sugli straordinari, faranno lavorare di più quelli che già hanno senza un maggior riconoscimento retributivo. A nostro avviso, tenere aperto durante le festività rappresenta un imbarbarimento culturale oltre che sociale. E’ ipocrita sostenere che le aperture nei giorni di festa movimentano l’economia, soprattutto in un paese in cui crollano i consumi e non c’è nessuna politica di sostegno della domanda interna. Non basta tenere i negozi aperti se i portafogli sono vuoti. La festa del lavoro deve essere la festa anche dei lavoratori del commercio. È impensabile che non ci si fermi neanche per festeggiare la fine di una guerra, di una dittatura, la conquista della democrazia e i diritti del lavoro. Invitiamo tutte le persone a partecipare alla Festa dei Lavoratori e a fare lo sciopero dei consumi, evitando di fare la spesa in questo giorno ed a boicottare tutti gli esercizi commerciali aperti. E’ ora di finirla e di cominciare a costruire una coscienza comune che ci porti a lottare per un aumento delle condizioni generali di tutti. Nessuno escluso.
Antimo Caro Esposito – Esecutivo Nazionale GC