Il 18 Novembre avremmo dovuto partecipare – dopo oltre 100 assemblee territoriali – ad una assise decisiva del percorso iniziato al teatro Brancaccio di Roma il 18 Giugno scorso. Il Brancaccio ha rappresentato per me una reale occasione, un vero momento di discussione e partecipazione tra i tante e le tante (non tutti purtroppo) che in questi anni hanno resistito e continuano a resistere faticosamente, ma con un coraggio da leoni, nelle strade, nelle città, nelle province, nei luoghi di lavoro e in ogni aspetto della propria vita alle politiche neoliberiste. Penso a tutti noi, a chi milita nelle associazioni, nei movimenti, negli spazi sociali, nei partiti; a chi, organizzando e partecipando ai comitati del NO al Referendum del 4 Dicembre ha festeggiato con noi la vittoria nella battaglia in difesa della costituzione; a chi ancora riempie le piazze, a chi si getta anima e corpo nelle lotte, a chi ancora insegue la certezza che un altro mondo non solo sia possibile, ma sia anche necessario. Per me questo è stato, e rimane, il percorso del Brancaccio, un modo per rovesciare tutto, per invertire la rotta di un paese ormai vittima da tanti anni delle politiche neoliberiste, portate avanti sia dal centro-destra che dal centro-sinistra. L’espressione “rimane” non è casuale, abbiamo l’occasione e la necessità di non rovinare quanto di buono fatto in questi mesi e migliorare il percorso. La necessità è quella di dare voce alle mille vertenze di conflitto sociale aperte in questo Paese, pensiamo alla campagna Stop-Ttip, agli operai dell’Ilva che occupano la fabbrica, agli studenti che scendono nelle piazze italiane per dire No all’alternanza scuola-lavoro, ai No-Tav, ai No-Tap e molti altri ancora, questi dovranno essere il nostro programma vivente. Per farlo va ribadito che il percorso del neoliberismo in Italia non inizia con la stagione del renzismo, quindi con Jobs Act e Buona Scuola, ma delle riforme precedenti che hanno fatto da spartiacque a quest’ultime, pensiamo alla riforma Treu sul lavoro e alla riforma Berlinguer per la scuola. Per questo l’appello lanciato dai compagni dell’Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo di Napoli (che viene fuori dalla pancia e dal cuore) di riaprire e ravvivare a partire dalle assemblee territoriali e da tutte le forze pulite li presenti un percorso dato dai media per morto non può che essere accolto, condiviso e rilanciato con entusiasmo. A questi compagni sono grato anche perché la proposta parte proprio da chi dal Brancaccio si era sentito sbattuto fuori. Alla luce di queste mie brevi riflessioni, mi unisco al loro appello e chiedo perciò a tutti/e (in primis ai Giovani Comunisti, ma in maniera più ampia anche a tutta la mia generazione) uno sforzo sovraumano che, a partire da questo sabato, possa davvero ambire a ricompattare le numerose, generose e fondamentali esperienze dell’alternativa socialista reale disseminate nei nostri territori, troppo spesso, ahimè, atomizzate. Il 18 Novembre andiamo tutti e tutte a Roma, partecipiamo all’assemblea da protagonisti, dimostriamo che il popolo, quando sa organizzarsi, non ha bisogno di mentori, leader, messia o padroni. Dimostriamolo lavorando insieme per costruire la rappresentanza delle istanze di chi subisce l’ingiustizia e la marginalizzazione sociale e della parte migliore del paese, quella propositiva e solidale. Possiamo ambire a rappresentarli perché loro siamo noi. E possiamo costruirla dalla base, perché noi siamo la base. Sono anni che ci dipingono come nichilisti, superficiali svogliati e individualisti: non siamo appassionati alla politica, siamo disinteressati alla società, rassegnati e indifferenti; dimostriamo che non è così. E’ arrivato il momento di riprenderci il presente per costruire un futuro diverso. E cambiare questo paese da protagonisti. Stavolta davvero.
Andrea Ferroni Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e