Piazze piene, urne piene! Per una nuova politicizzazione di massa.

“Avete sentito? E’ il suono del vostro mondo che crolla. E’ quello del nostro che risorge. Il giorno in cui fece giorno, era notte. E notte sarà il giorno in cui farà giorno. Democrazia, libertà e giustizia!”

Subcomandante Marcos

È singolare come l’avvicinarsi delle elezioni politiche porti ogni volta i fini analisti della politica mainstram ad accorgersi che esiste qualcosa di vivo fuori dai loro salotti televisivi.
Qualcosa di diverso da quell’eterno remake di “The Walking Dead” in cui cambiano i protagonisti, i politici come prodotti di consumo, ma tutte le proposte in campo restano ancorate ai sacri dogmi della governabilità e del neoliberismo; dove si avvicendano i vari Salvini, Renzi, Di Maio, e l’intramontabile Silvio, con ciascuno il proprio copione da recitare.
Dove anche a quelli della nostra parte viene cucita addosso l’etichetta, che si tratti del giovane ribellista da trasformare un domani in moderato di governo, o del comunista inossidabile temprato da decenni di lotta.
Perché tutti sappiamo che in questi anni c’è chi allo stato di cose presente si è opposto, nelle scuole, nelle piazze, sui posti di lavoro, nei crateri dei terremoti, davanti agli sfratti, e in queste condizioni si è formata politicamente la nostra generazione di militanti politici.
Moderni partigiani che muovendosi in tempi terribili, hanno affrontato anche da soli un sistema che basa la propria forza essenzialmente sulla delega al potente di turno e sulla rassegnazione delle masse popolari.
È stato detto più volte che la campagna di Potere al Popolo dovrà essere non solo una campagna elettorale, bensì una campagna di lotta, ponendo al centro del dibattito politico quelle stesse pratiche e vertenze che ci caratterizzano da sempre e che continueranno a caratterizzarci a prescindere dall’esito delle elezioni: lavoro, casa, sanità, istruzione, pace.

Occorre tuttavia un duplice salto di qualità, che manca oggi in Italia: innanzi tutto la prospettiva strategica di alternativa di sistema, che per i comunisti non può che essere la rivoluzione e la transizione al socialismo.
Il programma politico di Potere al Popolo intervenendo su alcuni nodi chiave del sistema-paese (nazionalizzazioni, uscita dalla NATO, riassetto del territorio e no alle grandi opere, ripristino della scala mobile e salario minimo, piano casa) offre un primo spunto per la riconnessione delle lotte nel quadro di tale prospettiva strategica.
Si tratta di un’ovvietà dire che tale impianto, coincidente con la piena attuazione delle parti progressive della costituzione, sia incompatibile con l’attuale assetto politico-istituzionale dell’Unione Europea, ma è bene comunque ribadirlo.
Dall’altro lato, è necessario lavorare ad una prepotente irruzione politica del popolo.
Si tratta di un piano non immediatamente coincidente con le elezioni, ma su cui il processo innescato con Potere al Popolo può dare un determinante contributo, allargando in primo luogo la partecipazione diretta ai processi decisionali di questo fronte nato su impulso dei compagni dell’Ex OPG di Napoli.
È necessario che i comunisti presenti in tale lista contribuiscano alla ricostruzione di una linea di massa, che possa riagganciare politica e paese reale.
“Dove era il no, faremo il sì” dice lo slogan della lista: occorre che il popolo torni ad essere protagonista, come in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre.
Deve essere chiaro che oggi non esiste alternativa ad un faticoso lavoro di ri-politicizzazione delle masse: non le iniziative di soli militanti e per soli militanti, non l’illusione istituzionale di risolvere tutto con qualche eletto qua e là, non il settarismo del guadagno marginale per questa o quella organizzazione a discapito dell’obiettivo di lunga lena.
I segnali incoraggianti che arrivano da molte scuole superiori ci raccontano di una generazione che conosce la lotta di classe, di fronte a cui forse dovrebbe ascoltare anche chi negli ultimi anni è stato costretto a fare politica a sinistra in condizioni di nicchia e marginalità.
È per questo necessario che, parallelamente a quella per ripoliticizzare la classe, i comunisti aprano oggi una battaglia per l’egemonia culturale a livello giovanile: rimettere al centro la strategia leninista come leva per cambiare il mondo è un compito imprescindibile e storicamente molto più profondo di ogni bega da pollaio, a cui devono guardare in primis i comunisti aderenti a Potere al Popolo (PRC, PCI, Sinistra Anticapitalista, Eurostop, oltre ai tantissimi diversamente collocati) ma che, buonsenso permettendo, dovrebbe riguardare da vicino anche quelli che militano in formazioni politiche che hanno scelto di non aderirvi.
Il 4 marzo andremo a votare, e la vera vittoria sarà se dopo saremo di più, molti di più di quanti eravamo prima: dal popolo e per il popolo, Potere al Popolo!

Nicolò Martinelli
Responsabile Nazionale Organizzazione – Giovani Comunisti/e

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