Oggi, 20 ottobre, siamo in piazza a Roma per una manifestazione che ha nelle sue rivendicazioni la critica al modello delle privatizzazioni come strumento per il neoliberismo di estrarre profitto dagli asset strategici per la collettività.
Da quando i Governi hanno dismesso il proprio potere per cederlo alle forze del libero mercato, abbiamo avuto un arretramento dei diritti e delle condizioni materiali delle classi popolari, a fronte della crescita esponenziale dei profitti capitalistici.
Nel 2017, l’82% dell’incremento della ricchezza globale, è finito in mano all’1% più ricco della popolazione mondiale. A marzo del 2017 in Italia, l’1% più ricco possedeva il 21,5% della ricchezza nazionale netta. Se consideriamo, invece, la frazione fino al 5% della popolazione più ricca, la quota della ricchezza netta, sale al 40%. L’aumento di tale divario è un furto perpetrato da una classe contro un’altra.
Nel corso del ‘900, in Italia, si erano concentrate sotto la mano dello Stato molte imprese, alcune delle quali strategiche, attraverso le quali l’Italia costruiva infrastrutture, sviluppava politiche aziendali, teneva alti i livelli occupazionali e deteneva i monopoli naturali. Purtroppo la lotta di classe, con la conseguente partita per l’egemonia, è sempre in bilico e una volta che cambiarono i paradigmi, la classe dominante prese il sopravvento. Il cambio di passo non si realizza solo con il raggiungimento di una liberalizzazione, esso avviene quando proprio le classi popolari plaudono per la svendita del proprio patrimonio.
Ciò si è realizzando grazie alla retorica del capitale che designava il privato come l’unico modello efficace ed efficiente, grazie al quale i consumatori avrebbero beneficiato di costi inferiori. Dall’altro lato demonizzava il pubblico definendolo un carrozzone, nel quale la politica metteva in campo pratiche clientelari.
Chiaramente la propaganda è una cosa, la realtà ne è un’altra. Nel 2010 la Corte dei Conti, non certo un covo di comunisti, produce un documento dal titolo “Obiettivi e risultati delle operazioni di privatizzazione di partecipazioni pubbliche”. Il testo evidenzia come la riduzione dei costi, è valsa solo per pochi settori, come ad esempio quello delle telecomunicazioni, mentre ha registrato un aumento nel settore bancario, energia elettrica, gas e acqua.
Oggi scendiamo in piazza per ribadire il nostro essere antagonisti ad un mercato lasciato libero e sopra ogni vincolo sociale, per costruire un’opposizione politica e sociale contro questo governo e contro tutte le politiche liberiste.
Consideriamo fondamentale il passaggio di alcuni asset strategici, sul piano proprietario, dai privati allo stato; e ciò come primo passo per la loro effettiva socializzazione. Noi non vogliamo soltanto un semplice cambio della proprietà giuridica, ma una diversa gestione con un protagonismo effettivo dei lavoratori, delle lavoratrici e delle comunità. Al fine di soddisfare i concreti bisogni umani e non la semplice remunerazione degli investimenti.
Antimo Caro Esposito
Esecutivo nazionale GC, resp. Lavoro, non lavoro e movimenti.
Andrea Ferroni
Portavoce Nazionale GC