Il revenge porn è la condivisione pubblica di immagini e video privati su Internet senza il consenso di colei o colui che viene ripreso. Generalmente è un reato vendicativo perpetrato in seguito alla rottura di un rapporto e il 93% delle vittime sono donne perché ancora oppresse da pregiudizi rispetto alla loro sessualità. Quando viene caricato un contenuto simile, si parla di violazione della privacy indipendentemente dal sesso della vittima, sia che sia uomo o sia che sia donna. Chiaramente però c’è una reazione differente da parte del ”pubblico” che dipende dal sesso del protagonista: la vittima uomo si aspetterà un cinque o comunque verrà acclamato da vero bomber, la vittima donna invece, sarà considerata una poco di buono, anche perché se l’è cercata facendosi filmare.
E’ quello che sta accadendo alla deputata Sarti del M5S, ma anche quello che è accaduto a molte donne anche non note: basti ricordare la tremenda storia di Tiziana Cantone, il cui nome era stato persino riportato da testate giornalistiche, la quale nonostante avesse cambiato città e nome, non era riuscita a ricostruire la sua vita a causa della notorietà del suo video. Oppure le foto derubate alla conduttrice SKY, Diletta Leotta. Queste storie sono solo quelle più note ma esiste anche quello non raccontato dai grandi media che a volte finiscono su giornali locali, o semplicemente viaggiano di chat in chat a scuola o a lavoro. Quando succede ad una ragazza in provincia probabilmente è ancora più dura da reggere perché bisogna fare anche i conti con una mentalità chiusa legata alla tradizione. In Italia non esiste una legge che difenda le vittime dal linciaggio mediatico, ma allo stesso tempo non esiste ciò che è più importante e cioè una educazione ‘digitale’ ai contenuti con cui entriamo a contatto. A partire dalla vicenda della deputata del M5S però, non solo il movimento, ma anche FI, si sono mossi per la presentazione di 3 disegni di legge in Parlamento che possano regolare la pubblicazione e la condivisione di video e immagini privati.
Questa mobilitazione e accelerazione di produzione giuridica nasce però solo dopo che una componente del gruppo politico è stata direttamente colpita dalla vicenda. Perché la vita perduta di Tiziana o di qualunque altra donna che non facesse parte di un gruppo di potere(casta), non è valsa alla costruzione di una legge di tutela ed educazione? Le nostre vite valgono meno delle altre?
Sarebbe ipocrita negare che a molti di noi è capitato di inviare foto o video privati. Averlo fatto non dice niente di noi: non siamo delle poco di buono, possiamo comunque avere il diritto di essere impegnati politicamente, essere intelligenti, menefreghisti, non impegnati per niente. Se ci sentiamo violati dobbiamo essere tutelati e supportati.
Francesca Falcini
Coordinamento Nazionale GC