Anche quest’anno non potevamo mancare, sono passati 18 anni dai fatti del G8 di Genova e dalla morte di Carlo Giuliani, vittima della repressione dello stato a soli 23 anni. La stessa repressione che in questi anni sembra essere tornata ad invadere le strade e la vita delle persone, a cominciare dagli effetti della legge Minniti/Orlando prima e dei decreti sicurezza ora, con il governo Lega-M5S. Una repressione che tocca, oggi come 17 anni fa, gli spazi sociali che contrastano il neoliberismo, basti pensare a quanto accaduto a Torino nei confronti di Askatasuna solo pochi giorni fa. Il governo che si autodefinisce del “cambiamento”, in realtà ricorda molto del vecchio. Si parla sempre di politiche neoliberiste, di politiche che abbassano le tasse ai ricchi, che non tutelano lo stato sociale e diritti come il reddito, il lavoro, l’istruzione e la sanità. Si colpisce chi scappa da guerra e povertà e non si parla minimente di chi causa queste condizioni. Il capitalismo oggi, con la globalizzazione e il neoliberismo finanziario, si presenta non solo producendo diseguaglianze enormi, ma non tollerando qualsiasi forma di opposizione. Per questo cogliamo l’esigenza oggi, come allora nel 2001, di rilanciare la necessità di un movimento al cui interno possano ritrovarsi mondi e culture politiche diverse, associazioni, partiti, comitati, sindacati, singoli militanti, tutti/e con la convinzione e la necessità di costruire un altro mondo possibile. Per farlo sarà necessario ripartire da una opposizione politica e sociale al governo attuale, su tutti quei temi che ormai da anni vedono storie con mancanze di tutele e di diritti negati. A sole due generazioni di distanza da quella che si rese davvero protagonista del dissenso nei confronti dei potenti del mondo e della loro prospettiva di “progresso”, la storia di Carlo ha subito, purtroppo, vari fenomeni di mistificazione e rimozione collettiva, modalità di distorsione della realtà sempre più frequenti nella narrazione contemporanea che vorrebbe la creazione di un popolo senza memoria né desiderio. Noi i Giovani Comunisti/e (e con noi anche tutti quei ragazzi, compagni e non, che si spendono nelle mille e più realtà di solidarietà orizzontale, di militanza locale, di autorganizzazione popolare) abbiamo ancora entrambi: la memoria per ricordare la violenza con cui colpisce il capitale quando si scontra con la volontà del popolo per un mondo diverso, il desiderio di ribellarsi ad una tale violenza. La memoria della forza del popolo quando impara a gestire collettivamente i propri strumenti, il desiderio di rimpadronirci di tale consapevolezza e di tale forza. La memoria di quanto sia stato difficile scontrarsi contro la realtà e squarciarla in qualche modo per sovvertire lo stato di cose esistente e cambiare il mondo, il desiderio, lo stesso di Carlo, di farcela. Nella nostra memoria, e soprattutto nella nostra militanza quotidiana, Carlo vive.
Andrea Ferroni – Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e