L’ultimo film in ordine di uscita sul mondo ultras è stata l’ennesima – e ti pareva – occasione persa.
Di nuovo un film pieno zeppo di stereotipi e di luoghi comuni, quello del regista Francesco Lettieri, in cui si apprezza solamente la canzone dei Righeira con cui inizia la pellicola ed una scena in cui il protagonista del film, il Mohicano, entra in questura: ad attenderlo, all’ingresso dell’edificio, la scritta “Tutta colpa della disoccupazione”. Ecco, quella scritta poteva forse accendere una lampadina al regista. Peccato.
Partiamo però dall’inizio. Il film è prodotto da Indigo e Mediaset – l’ultimo film prodotto da entrambi era L’uomo in più di Sorrentino con un gran monologo dell’allenatore negli spogliatoi, ma quella è un’ altra storia – e racconta la storia di Sandro, alias il Mohicano, appartenente al gruppo ultras partenopeo degli Apache. Sandro è costretto, così come molti della “vecchia guardia” del gruppo, a stare lontano dal San Paolo perché diffidato. Il cambio generazionale del gruppo sarà un punto importante della pellicola.
Ammetto che si intravede un pizzico di buona volontà e di ricerca in materia, ma questo non basta. Non basta inserire a casaccio il concetto di “mentalità”, della Festa della Dea dei tifosi bergamaschi – fatti passare pure per accoltellatori seriali –, cori per i diffidati e le tensioni del ricambio generazionale. C’è spazio pure per il fratello morto del giovane Angelo – altro protagonista del film – un chiaro e abbastanza squallido richiamo alla triste vicenda della morte di Ciro Esposito.
Invece proprio in queste settimane di difficoltà il mondo ultras risponde, per l’ennesima volta, presente.
Gli ultrà dell’Innsbruck donano cinquantamila euro per l’ospedale di Seriate, i tifosi della Nord bergamasca in prima fila per la costruzione del nuovo ospedale da campo della città, gli ultrà del Cosenza – perdonatemi se sono di parte – pronti ad organizzare con le associazioni locali la consegna dei beni di prima necessità e quelli dell’Eintracht Francoforte che donano alla Terra di Piero, associazione cosentina che porta il nome di Piero Romeo, storico ultrà scomparso qualche anno fa e resasi protagonista in questi anni della costruzione di un parco giochi senza barriere architettoniche e di altre innumerevoli opere in Africa – diverse centinaia di euro. E la lista sarebbe molto lunga, lo stivale ribolle di iniziative.
C’è però una cosa che effettivamente nel film di Lettieri riesce a venir fuori: per vivere abbiamo bisogno di passioni e di sogni.
L’ennesima occasione persa. L’ennesimo film che non racconta il mondo ultras com’è realmente o come forse vorremmo fosse raccontato. Una domanda però dovremmo porcela: al netto del fatto che è utile continuare a descrivere gli ultras in questo modo – affamati di violenza e le curve come luoghi dove vige la regola del più forte – sarà che forse c’è anche un pizzico di incapacità di farsi vedere, quando serve, in maniera diversa una volta per tutte?
di Stefano Vento (Esecutivo nazionale GC)