Nel 2021 l’Italia assumerà la presidenza del G20. È la prima volta in assoluto e, ovviamente, è una grande occasione di rilancio del ruolo del nostro Paese sullo scenario internazionale.
Dopo 20 anni dalle contestazioni di Genova, che lasciarono un segno indelebile nella storia e nella politica del nostro paese, dobbiamo necessariamente ribadire un concetto fondamentale: noi avevamo ragione.
Avevano ragione i No Global e, come ci ha ricordato il compagno Vittorio Agnoletto in un’intervista del 2019, aveva ragione Rifondazione Comunista. Sono emblematiche le dichiarazioni di due importanti relatori del Forum di Genova, Walden Bello e Susan George, che si esprimevano cosi:’’Attenzione! Se continua questo modello di sviluppo, nel giro di pochi anni, noi assisteremo a cambiamenti a livello del pianeta che produrranno un forte rischio per la vita di milioni e milioni di persone’’, “Attenzione! Se prosegue la finanziarizzazione dell’economia, nel giro di pochi anni l’Europa andrà incontro a una crisi economica e sociale senza precedenti”.
Questi due moniti sembrano quasi profetici oggi,dopo che la crisi economica e sociale si è abbattuta su di noi e la lotta ai cambiamenti climatici è all’ordine del giorno.
Nel 2001 si arrivò alle giornate di Genova con obiettivi e contenuti che fanno quasi rabbrividire per la loro stringente attualità; stiamo parlando della battaglia contro il neoliberismo sfrenato, politiche di distruzione ambientale, politiche migratorie sbagliate, disuguaglianze sociali. Una lotta per affermare l’idea che “un altro mondo è possibile”.
Ma cosa portò il “movimento dei movimenti” a riunirsi durante le manifestazioni di luglio? Tutto ebbe origine dalle contestazioni di Seattle e dalle elaborazioni del primo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre. Queste esperienze riuscirono ad indirizzare chiaramente la rabbia popolare contro i nemici di classe, ossia contro le multinazionali, le cui logiche imperialiste di sfruttamento e delocalizzazione danneggiavano i paesi in via di sviluppo.
In breve, si volevano contestare tutti coloro che, rappresentando appena il 20% della popolazione, possedevano più dell’80% delle ricchezze mondiali.
È da queste considerazioni che nasce uno degli slogan più potenti e attuali di quella esperienza “Voi G8 noi 6 miliardi”. Ad oggi la popolazione mondiale ha superato i 7 miliardi di persone.A questo aumento è corrisposto un ulteriore accentramento delle risorse tanto che nel 2017 è appena l’8,6% della popolazione globale a possedere oltre l’85% della ricchezza mondiale, il potere del privato nei confronti del pubblico è aumentato a dismisura cosi come i problemi relativi all’ambiente ed alle questioni di genere.
Dopo aver tratteggiato il quadro attuale, peggiorato in questi anni, bisogna ricercare gli strumenti e le strade per indicare la possibilità di un nuova visione del mondo.In questo senso è esemplare, per il suo pragmatismo, il documento finale del forum sociale di Porto Alegre 2002 suddiviso in analisi, obiettivi e momenti rivendicativi comuni.
Dobbiamo alzare il livello dello scontro, dobbiamo osare di più e dobbiamo farlo subito. È tempo che i movimenti ambientalisti e femministi, le associazioni, i centri sociali, i collettivi studenteschi, i partiti politici e i sindacati del nostro tempo riscoprano e diano maggiore importanza al conflitto come motore capace di far esplodere le contraddizioni interne a questo stato di cose.
L’occasione esiste e si presenterà nel 2021, a Roma. La nostra capitale terrà la presidenza del G20, il forum dei 20 paesi più industrializzati del mondo che detengono l’80% del PIL mondiale ed i 2/3 del commercio e che ha sostituito il G8 come principale consiglio economico delle nazioni più sviluppate.Quel giorno ci troveremo davanti capi di stato e di governo dei paesi responsabili della situazione sociale e ambientale in cui viviamo, non esiste momento migliore per chiedere giustizia ed esigere un radicale cambio di rotta.
Iniziamo un percorso che porti a Roma una controparte organizzata, coinvolgiamo tutti coloro che non hanno smesso di lottare e chiunque senta l’esigenza di un cambio di passo.
Lo dobbiamo ai compagni che ci hanno preceduto, perché siamo nani sulle spalle di giganti, e lo dobbiamo alle future generazioni. Affermiamolo nuovamente allora, un altro mondo non solo è ancora possibile, ma anche terribilmente necessario.
Giovani Comunisti/e Roma, Castelli Romani, Litoranea
Rifondazione Comunista Federazione Roma, Castelli romani, Litoranea