Quando le fogne del capitale si aprono, i fascisti vengono a galla

Ha fatto molto discutere la mossa di Forza Nuova, sigla neofascista che dagli anni ’90 insanguina il nostro paese, di confluire in un movimento più ampio assieme all’universo negazionista dei no mask e dei gilet arancioni. Se infatti queste modalità erano in precedenza state anticipate da CasaPound, diverso è il liquido (maleodorante) in cui tenterà di galleggiare la formazione di Roberto Fiore.

A differenza di CasaPound, che puntava ad infiltrarsi nel variegato universo antieuropeista, FN ha individuato il proprio terreno nel brodo di coltura anti-scientifico e complottista che durante la pandemia di Covid-19 ha avuto fin troppa fortuna. Per individuare i motivi del successo di queste posizioni, occorre una analisi preliminare degli interessi di classe legati alla pandemia. Come in ogni momento in cui la storia fa irruzione nelle nostre vite infatti, a tornare a galla in modo prepotente è la divisione in classi della società, individuate dalla proprietà dei mezzi di produzione più che dal reddito. Occorre essere consapevoli che questo bagno drammatico nella realtà, porta via con sé tutte le categorie post-politiche che nel corso degli ultimi anni sono state introdotte nel dibattito pubblico; comprese, tanto per fare autocritica, quelle di “popolo” e di “99% più povero contro 1% più ricco”. Mai come oggi, all’interno della società esistono interessi contrapposti, solo in parte rispecchiati da dinamiche parlamentari che ancora sono il frutto della politica di opinione.


Certo, le risposte di stampo riformista che aiuterebbero le forze interclassiste a ricomporre la frattura ci sono, e molto dipenderà dalle mosse politiche di Governo e Unione Europea legate al Recovery Fund. Ma all’interno di questa frattura, fino ad oggi le classi sociali hanno giocato una partita tutta politica, di cui una buona approssimazione sono le tensioni interne al Governo Conte. Governo a cui Confindustria lancia quotidianamente provocazioni, sia tramite i classici meccanismi del lobbismo, a cui tutte le forze politiche parlamentari sono ormai vulnerabili, sia tramite il filo diretto con alcune forze politiche tra cui spicca Italia Viva di Matteo Renzi. Sul lato opposto della barricata, una CGIL nel panico utilizza i classici meccanismi della burocrazia sindacale per tentare di contenere i danni, forte del fragile accordo interno al Governo che si sostanzia in un blocco dei licenziamenti sempre più vicino alla scadenza; scadenza che, in assenza di una forte mobilitazione del mondo del lavoro, si risolverà in un ristabilimento della classica catena sociale che vede le classi detentrici dei mezzi di produzione scaricare sui lavoratori salariati i costi della crisi. Ciò in cui tuttavia la nostra parte è più deficitaria, è una battaglia seria per l’egemonia culturale, che per ora viene condotta spietatamente dagli alfieri politici e mediatici del negazionismo. Già, perché il negazionismo complottista non è una semplice follia irrazionale: si tratta di una vera e propria ideologia al servizio del capitale.

Le parole del presidente di Confindustria Macerata, Domenico Guzzini, sono in questo senso chiarissime: «Vogliamo ripartire. Se muore qualcuno, pazienza». Se non fosse chiaro, quindi, il terreno di gioco non è neutrale. Il negazionismo è funzionale agli interessi del capitale, e grazie a questa potente spinta vi è la possibilità, se non la certezza, che a trovare spazio siano le moderne teorie del complotto. Non è una novità: se in passato nazisti e fascisti hanno fatto ampio uso del complotto giudaico-massonico, il complottismo 2.0 si chiama QAnon. Nata negli Stati Uniti, dove grazie all’establishment trumpiano ha avuto particolare fortuna arrivando ad eleggere senatori affiliati al movimento, questa teoria del complotto onnicomprensiva (vaccini, coronavirus, nuovo ordine mondiale, ebrei, satanisti e chi più ne ha più ne metta) ha avuto diffusione in Italia grazie alla stretta sudditanza che gli ambienti legati alla Lega hanno introiettato rispetto alla destra reazionaria americana.

Non si tratta di un fatto da prendere alla leggera, perché nel nostro paese essa si innesta con un atavico sentimento di diffidenza nei confronti della scienza, che ha portato negli anni a fenomeni come i no-vax. Basta dare un’occhiata ai social network per rendersi conto che fuori dalla nostra bolla i sostenitori di queste follie sono molti più di quelli che i reparti di psichiatria del nostro Sistema Sanitario Nazionale sono in grado di curare. Il complottismo, in quanto movimento reazionario che nega il progresso e la risoluzione collettiva delle sfide che il capitalismo pone di fronte all’umanità, si avvia sempre di più a occupare il ruolo storico che fu del fascismo. Non stupisce pertanto la scelta di Fiore e camerati: ieri come oggi dalla parte della reazione. Il compito di ogni sincero democratico del nostro paese, per non mancare l’appuntamento con la storia e raccogliere il testimone della resistenza, è quello di stroncarla sul nascere. Deve stroncarla chi professa di credere nella scienza e nel progresso, ma oggi offre colpevolmente una sponda alle posizioni di Confindustria dentro cui tale piaga cresce e si fortifica. Deve stroncarla anche chi ha il comunismo come proprio orizzonte ideale.

Troppo spesso negli ultimi mesi abbiamo visto anche alcuni dirigenti comunisti del nostro paese tentare di lisciare il pelo ad un certo populismo, direttamente emanazione del negazionismo tanto caro al capitale, nell’illusorio tentativo di provare a indirizzarlo sui binari della lotta di classe. La battaglia che si apre infatti non è di semplice posizionamento politico, rispetto a cui qualche opportunista potrebbe tentare una rendita di posizione; è al contrario una lotta per l’egemonia culturale tra gli interessi del capitale e quelli del lavoro.
E in cui i fascisti stanno, per l’ennesima volta, dalla parte del capitale.

Nicolò Martinelli
Responsabile Antifascismo Giovani Comunisti/e

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