La Polonia continua ad attraversare un calvario fatto di riduzione dei diritti sul piano sociale e civile. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco, entrata in vigore il 27 gennaio 2021, rifiuta “il benessere della donna come motivo valido per l’interruzione della gravidanza anche in caso di patologie fetali gravi e incompatibili con la vita” e apre la strada a potenziali ulteriori divieti di aborto in caso di stupro e incesto.
La decisione del Tribunale costituzionale va letta nel contesto più ampio dell’attuale crisi dello Stato di diritto in Polonia, crisi che colpisce l’indipendenza della magistratura. La legittimità del Tribunale costituzionale, infatti, è stata gravemente minata dalle riforme attuate dal 2015 dal PIS, partito di centrodestra al governo. Dal 22 ottobre scorso, la repressione del governo tramite la polizia di Stato non si è mai interrotta, sia durante le molte manifestazioni di protesta che avvengono nel paese, sia al di fuori. Durante le manifestazioni si ripete la tattica illegale, definita “kettling”, dove le persone in strada sono bloccate dentro al cordone di polizia, è impedito loro di muoversi e allo stesso tempo si chiedono loro i documenti di identità per essere poi accusate di “partecipazione a un raduno illegale”.
Per questi motivi chiediamo alle istituzioni competenti un atto significativo. Chiediamo il richiamo dell’ambasciatore italiano dalla Polonia per chiarimenti sullo Stato di diritto di questo paese in relazione a provvedimenti che non colpiscono solo i cittadini e le cittadine polacche, ma mettono in dubbio le regole e i valori che sarebbero anche alla base dell’UE. Ci uniamo alla petizione lanciata dal movimento “La violenza sulle donne ci riguarda” e vi invitiamo a firmarla seguendo questo link: https://www.change.org/p/polonia-ritiro-dell-ambasciatore-italiano.