Ad un anno dall’inizio della pandemia le nostre vite di donne sono state completamente travolte.
In Europa, la nuova povertà ha un volto differente rispetto al passato: è donna, con due figli e un’età media intorno ai 40 anni. I numeri sono preoccupanti per il nostro paese e fotografano una società in continuo affanno, dentro a una crisi economica peggiore di quella del 2008: a dicembre 2020, su 101 mila occupati in meno, 99 mila sono lavoratrici. Poco si dice delle lavoratrici che sono state costrette ad abbandonare il posto di lavoro perché hanno dovuto scegliere la cura dei figli e della casa, o chi il lavoro lo ha perso, senza possedere alcun tipo di tutela perché lavoratrice a nero. Pochissimo ancora si dice della silenziosa carneficina della violenza maschile contro le donne aumentata esponenzialmente nell’ultimo anno: si è verificato infatti un calo degli omicidi ma l’aumento dei femminicidi, in particolare per mano di partner o ex partner. Nulla invece si dice sui consultori, i reparti igv, gli ospedali, che a causa della mancanza di finanziamenti pubblici, non hanno permesso la possibilità di fare prevenzione, accedere a visite ordinarie, curarsi e vedersi rispettare il diritto di scegliere sul proprio corpo, il diritto ad abortire.
Così come in Italia, anche in Europa e nel resto del globo, il femminismo e le sue proposte sembrano essere un’alternativa di riorganizzazione sociale contro l’egoismo miope del neoliberalismo: i governi sono sempre più sottoposti alle esigenze del capitalismo, delle banche centrali, degli investitori internazionali. In tutto il mondo le donne sono le principali vittime della crisi politica dei nostri giorni, ma anche le principali protagoniste della risoluzione di questa crisi.