“Occorre allora spostare l’accento sul partito come agente e organizzatore della società, sul suo ruolo di promotore del conflitto e di stimolo di una riforma intellettuale e morale. (…) Qualcosa di più che una semplice autonomia culturale e molto di più di una generica scelta di valori fondanti (…)”
Così scriveva Lucio Magri nel 1987 all’interno del documento “Una nuova identità comunista”. A trent’anni dalla fondazione del Partito della Rifondazione Comunista appare cruciale il tentativo di un recupero del progetto e delle elaborazioni alla base della nostra organizzazione, al fine di superare l’immanenza di una piattaforma esclusivamente tattica e ritrovare il senso del nostro agire in una prospettiva che sia anche strategia. Nel titolo si fa riferimento al concetto di “identità”, confidando nel fatto che i compagni e le compagne lo considerino (e apprezzino) nella sua accezione più alta e che non ne facciano, al contrario, uno scontato, quanto errato, parallelismo con lo sciocco settarismo fine a se stesso. Ma se è vero, e lo è, che Rifondazione nasce come recupero e innovazione profonda di un’identità comunista che aveva una propria ragione di esistere anche e soprattutto oltre la caduta del muro di Berlino e del PCI, sembra altrettanto evidente come l’elaborazione della specificità della Rifondazione Comunista non abbia avuto adeguato spazio e impegno in questi anni.
Nonostante la fecondità di alcuni personaggi – pensiamo al contributo innovativo di Lidia Menapace, tanto personale quanto quello messo in campo da direttrice della rivista “Su la testa, Materiali per una Rifondazione Comunista” (2010-2012), o a quello dei vari segretari nazionali – non si è mai arrivati ad acquisire una base culturale condivisa come patrimonio del partito. Mentre il partito sconta inefficienza organizzativa e iniziative spontaneistiche riguardo la “formazione” dei militanti, nella direzione giusta sembra muoversi invece la giovanile, che per il secondo anno di seguito organizza corsi strutturati sul marxismo condensandoli in dispense accessibili e non disperse nel gorgo del web. Tornando alla questione della necessità della definizione di un coerente progetto di una Rifondazione Comunista, sembra che gli unici che abbiano intavolato un elaborazione seria e ferrata, non dettata da svolte improvvise e facendo i conti con la propria tradizione e con il proprio passato, siano stati i protagonisti di quel “fronte del no” che si oppose allo scioglimento del PCI durante il XX Congresso.
Citando un articolo dell’Unità “Venerdì mattina a Arco (Trento), nella Sala Liberty del Centro congressi, si apre il convegno dei «comunisti democratici» (ex seconda mozione). «In nome delle cose» è il titolo della «tre giorni» che ha per sottotitolo «materiali per la rifondazione comunista». Vi parteciperanno oltre trecento esponenti del «no», membri del Comitato centrale, parlamentari, coordinatori regionali e di grandi città. La relazione introduttiva (un centinaio di cartelle) sarà svolta da Lucio Magri. Il programma prevede un intervento di Pietro Ingrao, sabato mattina e le conclusioni, domenica mattina, di Giuseppe Chiarente. Quello di Arco, dicono gli organizzatori, è un seminano di approfondimento i cui contributi saranno messi in discussione nel partito, nelle sezioni, per tornare successivamente all’esame di una assemblea nazionale. (…)”. Sicuramente azzardato sarebbe vedere in quella tre giorni la genesi del nostro partito, tuttavia fu proprio durante il convegno di Arco che si discusse nella maniera più seria e rigorosa della rifondazione comunista e fu proprio lì che Lucio Magri portò alla discussione quello straordinario, acuto e per molti versi attuale, documento “Una nuova identità comunista”, esempio lampante delle vette e della lungimiranza che taluni dirigenti comunisti possedevano. Un lavoro che, per dirla con le parole di Libertini, costituiva la base di quel processo di “lunga lena”, politico e culturale, della rifondazione comunista. In questo documento, che invitiamo a leggere per intero e che qui proponiamo come estratto e rielaborazione, Magri realizza un importante analisi, individuando ed eviscerando le “grandi questioni della nostra epoca”; sviluppo e natura, abbondanza e povertà, il lavoro, l’impotenza dello stato, la forma partito, e attuando una serrata critica alle lacune del PCI. Concludiamo questa introduzione con una citazione del documento stesso e sperando di aver fornito utili spunti di riflessione e di discussione.
“In conclusione possiamo dire questo: la rifondazione di un’identità antagonista, per il PCI e per tutta la sinistra europea, è una condizione necessaria e possibile di una ripresa politica, ma è una condizione ardua da realizzare, e di per sé non sufficiente. La riflessione sul PCI, e in generale sulla sinistra europea, per avere qualche serietà, deve trovare il suo principale terreno di verifica nell’analisi, nella previsione, nella proposta “di fase”.
Clicca qui per leggere il documento “Una nuova identità comunista“ di Lucio Magri
Auro Bizzoni e Matteo Masum – GC Roma