Finite le ipocrisie, il lancio della monetina, il gossip sui presidenti, finita la Roma blindata e militarizzata, finite le maratone televisive e la propaganda allarmista di giornali e televisioni, finite le strette di mano, i baci e gli abbracci, cosa ci rimane di questo G20?
Cosa ha prodotto il summit internazionale dei 20 paesi più influenti al mondo? In sostanza stiamo parlando di un nulla di fatto, un topolino che rimane invariato rispetto agli obiettivi di 6 anni fa stabiliti con gli accordi di Parigi. Nonostante a gran voce si sia annunciata la volontà di contenere l’aumento al di sotto del grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali, le attuali politiche ecologiche messe in campo ci portano dritti verso il superamento di tale “livello di sicurezza”.
Non meglio è andata sul versante della tassa minima globale sulle grandi società, sbandierata come passaggio epocale: un misero 15%. Citando T.Piketty, “Piacerebbe anche a me pagare appena il 15% di tasse” e anche “Dare alle grandi multinazionali il privilegio di pagare il 15% di tasse significa riconoscere loro il diritto di pagare meno di quanto non debbano fare le piccole e medie imprese, come del resto la maggior parte delle persone e in generale la classe media”. Ultimo grande tema, risoltosi in un ulteriore fallimento, la questione dei vaccini, dove si registra un sostanziale immobilismo; si continua a garantire il profitto delle case farmaceutiche mantenendo la decisione di non sospendere i brevetti. Vomitevole la passerella con i lavoratori e le lavoratrici della sanità, il tutto reso ancora più ridicolo visto che viene svolto in un Paese dove la sanità pubblica è costantemente sottofinanziata con fondi che vengono tagliati da 20 anni a questa parte.
Di fronte questa enorme presa in giro l’unico fattore positivo viene dalla risposta collettiva del corteo partito da Piramide il 30 ottobre. Al moltiplicarsi dei livelli di sfruttamento e degli attacchi del capitale si è scelto di rispondere in maniera unitaria e radicale, partendo da un punto di vista di classe e riuscendo a tenere insieme tante realtà diverse ma in lotta contro un nemico comune, contro questo sistema neoliberista e predatorio che produce disuguaglianza, sfruttamento e crisi ambientali. Un fronte unico di lotta che si è ritrovato il 31, durante l’assemblea di convergenza delle lotte e dei movimenti, un importante momento di discussione circa il cosa fare ed il come farlo.
Dall’ incontro sono venute le proposte di costruire un forum di convergenza dei movimenti e delle lotte, lavorare verso uno sciopero generale e generalizzato e prepararsi alla mobilitazione in occasione del PNRR e della legge di bilancio. Sono stati toccati numeri nodi importanti, dal problema dei media e della nostra narrazione rispetto alla costruzione del consenso, alla ricerca di nuovi metodi di contestazione e di azione, alla capacità dei lavoratori e lavoratrici di essere classe dirigente. Il tutto consapevoli che senza conflitto non esiste cura e non esiste politica. Lotta intersezionale, nazionalizzazione, pensioni, precarietà, scuola, crisi climatica, sessismo, sanità pubblica: questi i temi più trattati.
Noi pensiamo che questo sia il percorso giusto da seguire e vogliamo continuare in questa direzione, passo dopo passo, concordi nel dire che la sfida che abbiamo davanti è quella della proposta di un diverso modello di società che potrà avvenire solo grazie a noi.
Giovani Comuisti/e Roma e Giovani Comunisti/e nazionale