Cosa ne è della Sardegna nel giorno della sua festa nazionale? Sa Die de sa Sardigna che cade oggi racconta il bisogno identitario delle genti isolane, denuncia la forza con cui ancora questa terra, a duecentotrent’anni di distanza, rivendica ruolo storico e peculiarità rispetto alla terra ferma. I Vespri Sardi ricordati nelle celebrazioni odierne, però, non corrispondono alle emergenze vissute dal popolo, semmai sono il monito della libertà rubata nel processo di fondazione dello stato italiano. Solo dopo due secoli, quando nacquero il movimento autonomista e la repubblica italiana, fu possibile per le genti di Sardegna pensare di costruire autonomamente i servizi dello stato, rompendo quelle catene che per secoli ne fecero agenti stranieri in terra occupata.
AUTONOMIA POVERA
La Sardegna, con ciò, confessa tale contraddizione insostenibile: essere premonitrice d’un sistema statuale che include ed accetta la diversità culturale delle nazioni abitanti d’Italia, preservando la lingua nativa, le tradizioni identitarie che la distinguono dal Continente, quanto anche d’essere vittima di un’autonomia de iure quasi totale, ma solo su carta e perciò sfornita di mezzi, proposte e progetti politici sia dell’attuale classe dirigente, dipendente da Roma, sia dell’economia reale del territorio, parigliata de facto a quella del Meridione in povertà e disservizi in anni di decentramento dei fondi.
L’autonomismo di Solinas, ormai divenuto un farsesco rotocalco della politica italiana, ha messo l’ultima chiave al muro alla credibilità di questo progetto, nonostante l’affezione che tuttora muove l3 sard3 a volersi autodeterminare. Proprio per questi motivi ci uniamo alle celebrazioni e sosteniamo le necessità dell’Isola, non soltanto nelle rimembranze, ma soprattutto nelle piazze contro le basi NATO, nelle proteste contro i tagli e l’inefficienza dei servizi e delle infrastrutture, nella preservazione dell’identità, lingua, storia e cultura sarda.