La gioventù comunista e il sindacato

A pochi giorni dal 1 Maggio come Giovani Comunisti\e vogliamo riaffermare l’importanza dell’azione dei comunisti all’interno del sindacato.
In questi anno abbiamo assistito ad uno svilimento e ad una risemantizzazione del concetto di sindacato, che da strumento di lotta è diventato spesso sinonimo di affarismo e clientelismo. Ciò è avvenuto a causa della burocratizzazione delle dirigenze sindacali, fin troppo moderate difronte agli attacchi che i lavoratori e le lavoratrici hanno subito in questi anni, nell’ottica di una tutela esclusiva degli interessi della propria organizzazione. Un atteggiamento, quello della sfiducia verso il sindacato, che si è diffuso anche in certa parte dei militanti di sinistra, i quali progressivamente hanno allentato, fino sovente ad abbandonare, il proprio lavoro all’interno delle organizzazioni sindacali.

Reputiamo questo atteggiamento un errore dimentico della lezione di Lenin e Trockij.
È Lenin che nello scritto “L’estremismo malattia infantile del comunismo” ci ricorda ruoli e compiti che i comunisti devono assolvere nei sindacati, lavorando “ad ogni costo là dove sono le masse” ribadendo che essi non devono avere paura di entrare nei sindacati, anche se reazionari perché non farlo significherebbe “abbandonare le masse operaie arretrate o non abbastanza sviluppate all’influenza dei capi reazionari, degli agenti della borghesia, dell’aristocrazia operaia, ossia degli «operai imborghesiti»”; al contrario, è necessario “saper reagire a tutto questo, affrontare tutti i sacrifici e -in caso di bisogno- ricorrere anche ad ogni genere di astuzie, di furberie, di metodi (…) pur di introdursi nei sindacati, rimanere in essi, compiervi a tutti i costi un lavoro comunista”.

Ancora più lapidario Trockij ne “I sindacati nell’epoca di declino dell’imperialismo”:” Ogni organizzazione, ogni partito, ogni tendenza che si conceda una posizione ultimatista sui sindacati, cioè in ultima analisi volti le spalle alla classe operaia per il semplice motivo che non è di suo gradimento l’organizzazione di questa classe, è destinata a perire e – dobbiamo dirlo – non si merita altro”.

Noi riteniamo che il sindacato rimanga uno strumento formidabile per organizzare e rilanciare il conflitto nei posti di lavoro, ma anche un mezzo di formazione per la classe operaia; un ponte, infine, una connessione quasi sentimentale tra i militanti comunisti e i milioni di lavoratori e di lavoratrici che quotidianamente generano la ricchezza di questo paese. Sindacato che diviene tanto più importante per i giovani al crescere degli attacchi di questo sistema: stage, tirocini, apprendistati, lavori gratuiti e lavori neri, lavori che servono solo ad arricchire il fatidico curriculum. Se il sistema sta creando giovani lavoratori minorenni, se le morti sul lavoro e gli incidenti arrivano anche dagli studenti nei PCTO allora accanto alla battaglia per il ripristino del diritto all’istruzione senza sfruttamento dobbiamo mettere in piedi un capillare lavoro di sindacalizzazione. Se il capitale vuole giovani lavoratori da immettere prematuramente nel mercato del lavoro diamogli una gioventù formata, pronta e preparata sui propri diritti.

Una gioventù combattiva che non subisca passivamente le imposizioni dei padroni di turno ma che sia in grado di contrattaccare, denunciare situazioni sbagliate e mettere in campo vertenze. Insomma come gli operai prendono coscienza di essere classe e di dover affrontare problemi comuni in modo collettivo così gli studenti che già condividono tra loro gran parte della propria giornata possono mettere in campo un’azione collettiva. È in questi frangenti che i comunisti e le comuniste coscienti devono essere presenti per aiutare nel percorso ed evitare sbandamenti ideologici; per farlo è necessario avere compagni e compagne all’interno del sindacato

Dipartimento lavoro Giovani Comunisti/e

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