Trattato sul commercio e gli investimenti. Incontro a Roma tra ministri italiani e diplomatici Usa. L’esigenza di “vendere meglio” all’opinione pubblica l’accordo sul più “grande mercato del mondo”: 800 milioni di consumatori e ricchezza pari a 120 miliardi di euro nell’Ue e 95 negli Usa. Ad ottobre, il governo Renzi organizzerà un incontro
I negoziatori europei ed italiani impegnati nel negoziato in corso tra Unione Europea e Stati Uniti d’America sul partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP–Transatlantic Trade and Investment Partnership) sono preoccupati. Il disagio è emerso ieri a Roma nell’incontro nell’aula dei gruppi parlamentari alla Camera organizzato dall’associazione Ego, che ha visto la partecipazione anche di Carlo Calenda, viceministro dello Sviluppo Economico, Sandro Gozi, sottosegretario alle Politiche Comunitarie, Kathleen A. Doherty, vice capo Missione Ambasciata Usa in Italia, Franco Frattini oggi presidente del Sioi, un’associazione che opera sotto la vigilanza del Ministero degli Affari Esteri da lui stesso già presieduto.
L’accordo commerciale che si propone di creare il più grande mercato del mondo, con oltre 800 milioni di consumatori e la produzione di ricchezza pari a 120 miliardi di euro in Ue e di 95 negli Usa sono giunti al quinto «round», presenta l’incognita del consenso. Con un’opinione pubblica esasperata dall’austerità, sensibilizzata da posizioni critiche oppure neo-sovraniste o populiste, un parlamento come quello francese — ad esempio –potrebbe negare la ratifica del trattato dopo il 2015, quando secondo il calendario ufficiale dovrebbero concludersi le trattative. In questo caso cadrebbe l’intero castello di carte . L’altro rischio è rappresentato dalla disattenzione di Obama, impegnato nelle elezioni di mid-terme ormai a fine mandato.
La preoccupazione degli europei impegnati nel negoziato a carte coperte («altrimenti non sarebbe un negoziato commerciale» ha ribadito Calenda) è di «vendere meglio» un accordo ispirato al credo liberoscambista, il principio costitutivo del governo Usa e della Commissione Ue oggi piuttosto impopolare. Il Ttip segnerebbe a loro avviso il rilancio dell’alleanza transatlantica e una seconda fase della globalizzazione incentrata sull’«occidente» capitalista garante dell’equità contro le potenze economiche in ascesa della Cina o della Russia. Un’equità, è stato precisato, garantita dalla libertà delle piccole e medie imprese e da una potenza geopolitica ormai in declino.
Per Calenda l’opposizione al Ttip è ispirata da una «folle ideologia anti-americana». In realtà, l’opposizione non è contro uno Stato, ma contro il potere che il Ttip darebbe alle imprese private di smontare pezzi di legislazione nazionale nella sanità, nell’energia, nella manifattura, sui beni comuni. Argomenti che torneranno nel semestre italiano a guida Ue. Ad ottobre il governo Renzi organizzerà un incontro sul trattato.
ROBERTO CICCARELLI
da il manifesto